
Esco di casa con un gruppo di amici, chi siano non lo so esattamente. Tra loro c'è un mio vecchio fidanzato, credo che sia lui, nemmeno nel sogno ne sono poi cosí tanto sicura. Penso: che ci faccio con lui? giusto mentre lo sto abbracciando. Peró non mi preoccupo di rispondere. In strada ci dirigiamo al bar di una stazione di servizio che sta proprio dietro l'angolo. Entriamo e ci piazziamo al bancone seduti con la faccia rivolta alla vetrina che dà sulle pompe di benzina-gasolio. Si apre la porta, e con la coda dell'occhio vedo un bel po' di mossos d'escuadra (barcelona style) armati fino ai denti. Mi inquieto ma penso, tranquilla, perché mai devi sentirti intimorita. Fanno parte della vita di tutti i giorni, come i taxi, i semafori e le strisce pedonali. Ma non faccio in tempo a terminare di pensarlo che mi ritrovo circondata di bruti in uniforme e con il cannone di un fucile puntato alla testa. Non penso, e se penso, penso soltanto a: cazzo che succede? Non è cosí che doveva andare.. Quello che mi punta il fucila tira fuori una carta da gioco dalla tasca, è un tre di ori, me la accartoccia davanti al naso e la butta per terra, ai miei piedi. E allora sí che penso, e penso: questo mi ammazza. Dopo penso: prendi tempo, prendi tempo. Gli dico che non può farlo, che lavoro con i disabili, che sono incinta, e non so cos'altro. I miei amici sono spariti. Nel bar ci siamo solo noi, quelli con l'uniforme e io. Non so come ma parlo, parlo. Non so come ma convinco il pazzo armato e i suoi colleghi a uscire dal bar per permettermi di prendere una boccata d'aria mentre lui decide il da farsi. Fuori è notte e qualcosa attira la loro attenzione, si allontanano di poco correndo. Dall'altra parte della strada vedo un mio ex compagno di corso che mi fa segno di approfittare dell'occasione, di scappare. Ma non ne sono convinta. Non voglio che mi sparino alle spalle, sono troppo vicini. E poi ce ne uno che è rimasto quasi al mio fianco, un poli biondino con la riga in mezzo. Gli dico: dai, accompagnami a fare due passi, solo due passi. Lo prendo per mano, mi lascia fare, e ci incamminiamo in un vicoletto dove c'è una casa con luce e musica. Stanno dando una festa. Dai entriamo, solo cinque minuti a vedere com'è. Acconsente di nuovo. Varchiamo la soglia, saliamo le scale e attraversiamo un appartamento lunghissimo, passando di stanza, in stanza in linea retta. Ogni porta da su una nuova stanza collegata da un'identica porta alla successiva. Raggiungiamo l'ultima. E' un salottino, non ha un'altra porta frontale come le precedenti, peró sí ne ha una laterale piccola e di legno. Ho ancora paura ma sono lucida. Dico al biondino armato: dai, aspettami un attimo qua, entro un momento nel bagno. Non dice niente, come sempre. Quindi entro, chiudo con il pistillo tipico dei bagni da bar e mi guardo intorno. C'è un'altra porta. La apro con cautela, sbircio e scopro che da accesso a un'altra casa. Penso: adesso sí, scappa! Lo attraverso di corsa, senza preoccuparmi della gente che c'è lí dentro. Trovo la porta di ingresso, mi precipito giú per le scale e... scappo!